L'Alzheimer è una patologia con un brutto, ma significativo soprannome: “la malattia del secolo”.
Così viene definito il morbo di Alzheimer, una sindrome silente e graduale che porta chi ne è affetto a una progressiva perdita dell’autonomia, con conseguenze drastiche per la salute.
In questo articolo approfondiremo tutti gli aspetti legati al morbo di Alzheimer, partendo da una definizione della malattia e arrivando alle cure oggi disponibili per mantenere una qualità di vita accettabile.
Cos’è l’Alzheimer
L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa, che colpisce cioè le capacità cerebrali e la capacità di memorizzare informazioni, elaborare pensieri e compiere associazioni logiche nella vita quotidiana.

Viene spesso confusa con la demenza senile, e in realtà i due termini vengono erroneamente utilizzati come sinonimi.
In realtà, tra demenza senile e Alzheimer sussiste una netta differenza: con demenza senile si intendono tutte le forme di malattie neurodegenerative conosciute, e tra queste l’Alzheimer è la più diffusa e oggetto di studio scientifico.
Il morbo di Alzheimer fa parte, quindi, dell’insieme delle forme di demenza senile.
La caratteristica principale dell’Alzheimer è la sua progressività: inizia con una piccola dimenticanza quotidiana, attribuita alla senilità - colpisce soprattutto le persone al di sopra dei 65 anni - e progredisce nel tempo attraversando diverse fasi e diventando un vero e proprio ostacolo allo svolgimento autonomo delle attività quotidiane.
Esistono, peraltro, anche forme di Alzheimer precoce che colpiscono persone di età compresa tra i 30 e i 64 anni. La patologia in questo caso ha un’incidenza minore.
I tre stadi dell’Alzheimer
Proprio per il suo essere progressiva e graduale, i medici sono in grado di distinguere oggi tre stadi della malattia di Alzheimer a seconda della sua gravità.
Al primo stadio si presenta come perdita di memoria e di concentrazione, si fa fatica a portare un discorso a termine senza perdere il filo, si dimenticano compleanni e ricorrenze importanti, non si trovano le parole giuste per completare una frase e il senso dell’orientamento è minato da un generale stato di confusione in ambienti nuovi.
Al secondo stadio, i normali compiti della vita quotidiana non sono più svolti con la solita sicurezza. È probabile che venga dimenticato un rubinetto aperto o una pentola sul fuoco acceso, che si lascino le chiavi di casa dentro l’appartamento o che la guida diventi incerta e pericolosa.
Il secondo stadio è un punto di svolta fondamentale, perché sia chi è affetto da Alzheimer, sia le persone che frequentano e abitano con quella persona si accorgono di un cambiamento radicale, nonché preoccupante, della sua vita.
La perdita graduale di autosufficienza continua fino al terzo stadio.
La persona perde del tutto la capacità di gestire la propria vita autonomamente: non ricorda dove si trova anche in posti noti, non riconosce sempre le persone care, soffre di una depressione molto forte per la propria condizione e passa gran parte delle sue giornate a letto, senza più muoversi o mangiare autonomamente.
Diagnosticare la malattia di Alzheimer e lo stadio a cui ci si trova è importante per capire quali cure, mediche e assistenziali, siano le più adatte per la persona che ne è colpita. In questo, la piattaforma CareVox è un valido aiuto che mette in comunicazione medico, caregiver e paziente.
I caregiver diventano la figura principale di riferimento sia per il medico che per la persona malata. L’autosufficienza è compromessa dal secondo stadio avanzato in poi, ed è quindi indispensabile poter contare su qualcuno per portare avanti le cure a chi è affetto dal morbo di Alzheimer.

Cause Alzheimer
Sulle cause dell’Alzheimer il dibattito scientifico è ancora aperto.
A oggi, infatti, non è stata trovata una causa o una concatenazione di cause, che possano essere definite come fattori scatenanti certi della malattia.
Da un punto di vista diagnostico, però, si osserva nelle persone affette dal morbo un’anomalia cerebrale ricorrente.
Si tratta di una diminuzione dello spessore del tessuto che compone il cervello, in corrispondenza dei punti in cui le cellule sono morte e non rispondono ad alcuno stimolo.
Queste porzioni di tessuto cerebrale morte sono quindi atrofiche, prive di attività; la loro presenza è più imponente nell’area dell’amigdala e dell’ippocampo, le aree del cervello dedite alla memoria e alla concentrazione.
Ciò spiega perché proprio la memoria e la concentrazione siano le prime caratteristiche della capacità cognitiva a essere colpite quando insorge la sindrome di Alzheimer.
Non solo: un’altra evidenza ricorrente, e riscontrabile solo tramite una risonanza magnetica, riguarda la presenza di una particolare proteina, detta proteina tau, all’interno di raggruppamenti anomali di beta-amiloide sul tessuto cerebrale.
Quando si formano questi gruppi di beta-amiloide, le connessioni cerebrali risultano ostacolate o del tutto interrotte. In altre parole, il passaggio di stimoli neuronali è impedito e diventa più faticoso portare a termine un’azione, ricordare o memorizzare.
Queste sono evidenze scientifiche sicure, per le quali, tuttavia, non è stata ancora identificata una causa certa. Ricorrono, però, tra le persone affette da Alzheimer, delle caratteristiche che possono contribuire all’insorgere della malattia:
l’età avanzata, come abbiamo visto nel paragrafo precedente
l'ereditarietà, quindi una componente genetica che si identifica nella presenza del gene APOE-e4, il quale può influire sullo sviluppo della malattia
lo stile di vita, malattie come l’ipertensione e il diabete sono frequenti nei pazienti che tendono a sviluppare il morbo di Alzheimer in età avanzata.
Sintomi Alzheimer
Confondere l’Alzheimer con un “momento di senilità” è molto frequente ed è anche per questo che la malattia viene diagnosticata solo quando si trova almeno al secondo stadio.
Prima si effettua una corretta diagnosi, però, prima si può intervenire per rallentare la progressione della malattia e per garantire una qualità di vita migliore alla persona che inizia a manifestare i sintomi dell’Alzheimer.
Per riassumere, bisogna fare particolarmente attenzione, soprattutto in età avanzata, a:
perdita di memoria
difficoltà di concentrazione
disorientamento
depressione
difficoltà a ricordare le parole mentre si parla
sbalzi d’umore improvvisi e cambiamenti della personalità
ripetitività
mancanza di cognizione del tempo
dimenticanza di date e anniversari ricorrenti.

Alzheimer: cosa fare quando insorge la malattia
Non è sempre semplice accompagnare la persona verso una corretta diagnosi, soprattutto per la paura che il termine “Alzheimer” genera nelle persone che hanno la percezione di essere sul procinto di perdere l’autonomia e l’autosufficienza nella propria quotidianità.
L’approccio alla malattia varia da persona a persona, ma è importante che i familiari e chi vive a contatto con il possibile paziente affetto da Alzheimer sia impegnato a effettuare tutti i test clinici e gli esami per una corretta diagnosi.
L’Alzheimer può essere confuso con una profonda depressione che nulla ha a che fare con la malattia degenerativa, o con altre forme di demenza senile che richiedono invece un trattamento.
Ecco perché l’autodiagnosi non è una strada perseguibile e il medico diventa il migliore alleato del paziente e del caregiver per condurre la persona che ne è affetta nelle sue attività giornaliere, con uno stile di vita sicuro per la sua condizione patologica.
Alzheimer: test diagnostici
Il medico che segue il paziente affetto da Alzheimer è il neurologo.
Al neurologo si affiancano talvolta altre figure, come ad esempio lo psicologo, che collaborano insieme per aiutare la persona e il suo caregiver ad affrontare al meglio la malattia.
Quando una persona si sottopone alla visita neurologica, oltre ai canonici esami del sangue per verificare il suo stato di salute generale, viene sottoposto solitamente a una tac o a una risonanza magnetica per riscontrare eventuali raggruppamenti di beta-amiloidi e aree atrofiche del tessuto cerebrale, segno inequivocabile del morbo di Alzheimer.
La risonanza magnetica permette inoltre di escludere alcune patologie che presentano sintomi simili a quelli dell’Alzheimer, come il morbo di Parkinson, l’ictus o effetti derivanti dall’abuso di alcol, sostanze stupefacenti o ingestione involontaria di sostanze tossiche con conseguenze a carico delle facoltà cerebrali.
Esistono anche diversi test di memoria, di cognizione spazio-tempo e di logica dati ai pazienti per verificare lo stadio della malattia e la capacità rimasta di gestire in maniera autonoma un ragionamento logico e la propria capacità di ricordare eventi e date.
Tra questi, il più noto è il test di Folstein o Mini Mental State Evaluation, che consiste in 30 domande riguardanti le capacità spaziali e temporali, mnemoniche, di giudizio e di scelta della persona che si sottopone al test, in un periodo di tempo massimo di 10 minuti.
Altri test cognitivi, a cui i sospetti di Alzheimer vengono sottoposti, consistono in:
enunciare al paziente un nome e un indirizzo e chiedere di ripeterli dopo qualche minuto
chiedere la data odierna e qualche data importante della sua vita, come il suo compleanno o quello dei figli
chiedere di rappresentare il quadrante di un orologio (test dell’orologio) e di indicare poi un orario fornito dal medico, disegnando le lancette sul quadrante
chiedere di raccontare un fatto di cronaca avvenuto recentemente e sentito al telegiornale o alla radio.
Demenza senile: come comportarsi
Il vero aiuto per contrastare l’Alzheimer e tutte le altre forme di demenza senile viene dalle persone vicine, familiari e caregiver che accompagneranno la persona durante tutto il corso della sua vita.
L’intervento del caregiver non può essere considerato infatti solo allo stadio terminale della malattia.
L’assistenza continuativa, anche nella semplice gestione della casa, degli animali domestici e dell’igiene personale, è indispensabile per tenere monitorate le capacità della persona e comunicare al medico di riferimento ogni cambiamento e necessità di intervento.
Per questo ribadiamo l’importanza di un rapporto di comunicazione costante e continuativa tra caregiver e medico, includendo anche il paziente fintanto che è in grado di parlare apertamente.
CareVox è una piattaforma di comunicazione in tempo reale, ma anche un diario di diagnosi che permette di avere un quadro complessivo dello sviluppo delle malattie croniche e debilitanti, proprio come il morbo di Alzheimer.

Alzheimer: prevenzione possibile?
Proprio perché non si conosce precisamente la causa della malattia, prevedere in che modo si svilupperà e con quale velocità avverrà la progressione non è strumentalmente possibile.
Tuttavia, alcuni accorgimenti di salute e di stile di vita possono aiutare sia a rallentare il decorso della malattia a uno stadio iniziale, sia a controllarne il progresso in maniera puntuale.
Tra queste forme di prevenzione dell’Alzheimer, gli specialisti suggeriscono di:
- mantenere una dieta equilibrata e un regolare esercizio fisico
- smettere di fumare
- limitare, o eliminare del tutto, il consumo di alcolici, il cui abuso intacca le cellule cerebrali in maniera irreversibile
- ridurre lo stress
- occuparsi della propria salute mentale, con un supporto psicologico se necessario e con visite neurologiche annuali in età avanzata.
Cura Alzheimer
Dopo tanti anni di studio e ricerca, una speranza finalmente appare sul panorama della cura dell’Alzheimer: proprio nel 2021 è stata approvata dalla Food and Drugs Administration (l’ente che regola l’immissione sul mercato di nuovi farmaci negli Stati Uniti) la prima terapia sperimentale nella cura dell’Alzheimer.
Una speranza concreta, considerando che finora l’Alzheimer è rimasta una patologia con una sola destinazione, la peggiore.
Si tratta del farmaco Aduhelm, testato su oltre 3.400 pazienti in tre studi diversi per verificare la riduzione della beta-amiloide, una proteina che si accumula nel tessuto cerebrale ed è ritenuta causa corresponsabile della malattia.
Al momento il farmaco è ancora in fase di sperimentazione e saranno necessari altri test prima dell’approvazione alla vendita. Potrebbe però rappresentare la svolta nella cura dell’Alzheimer che le persone aspettano da tempo.
Nel frattempo, la cura dell’Alzheimer consiste soprattutto nel tentativo di rallentare il progresso della malattia, sia attraverso terapie farmacologiche che terapie cognitivo-comportamentali.
Per le terapie farmacologiche, sono indicati gli integratori a base di vitamina B e magnesio: le vitamine del gruppo B sostengono infatti la funzionalità mnemonica e la concentrazione, mentre il magnesio si rivela un ottimo alleato contro la fatica, sia fisica che mentale.
Se tra i sintomi si manifestano anche forme di depressione, il neurologo può prescrivere dei farmaci antidepressivi a dosaggio variabile, a seconda dello stadio di avanzamento della malattia e della gravità della sintomatologia mostrata dal paziente.
In nessun caso questa terapia va interrotta o modificata in maniera autonoma; il medico va sempre consultato.
Altre forme di terapia non farmacologica, ma efficaci per stimolare le funzioni cognitive della persona con morbo di Alzheimer diagnosticato, sono:
- Pet Therapy: la connessione cani-persone affette da Alzheimer è davvero potente. I cuccioli stimolano affettività, gioco, necessità relazionale, attenzione ai loro bisogni e miglioramento dell’umore. L’impiego della Pet Therapy, specialmente nelle strutture di accudimento degli anziani, è un vero e proprio toccasana
- terapia occupazionale: non c’è miglior modo di combattere l’Alzheimer che tenere mentalmente impegnate le persone che ne sono affette. Attività creative come la pittura e la musica sono strettamente indicate, ma non solo. Anche attività che richiedono la ripetizione di movimenti e istruzioni fanno sì che la memoria resti allenata e vigile, come il bricolage, l’uncinetto o le creazioni fai-da-te
- Doll Therapy, “terapia della bambola”: prendersi cura di un’altra persona richiede uno sforzo cognitivo non indifferente. L’efficacia della terapia della bambola è ampiamente dimostrata specialmente nei pazienti con Alzheimer avanzato, poiché l’idea di prendersi cura di un bambino richiede attenzione, necessità di ricordare i bisogni dell’altro, sforzi di memoria e di socialità
- musicoterapia: la stimolazione sensoriale attraverso la musica dona ottimi risultati in termini di attenzione, anche per combattere l’apatia tipica dell’Alzheimer di grado moderato o avanzato. Quando è proposta in gruppo, peraltro, la musica stimola la socialità con balli e coinvolgimento emotivo.
Conclusione
Per approfondire ancor di più tutti gli aspetti che riguardano l'Alzheimer, ti consigliamo di consultare questi articoli:
- Alzheimer: cause scatenanti | Alzheimer cause
- Cure Alzheimer: l'assistenza ideale tra terapie e supporto emotivo | cure Alzheimer
- Alzheimer: prevenire la sindrome è possibile? | Alzheimer prevenire
- Alzheimer: sintomi tipici per una corretta diagnosi | Alzheimer sintomi
- Alzheimer: test per una diagnosi precoce | Alzheimer test
- Demenza senile: cura e trattamenti possibili | demenza senile cura
- Demenza senile: come comportarsi | demenza senile come comportarsi