Comunemente conosciuto come TIA, dall’inglese transient ischemic attack, l’attacco ischemico transitorio è un deficit neurologico momentaneo e transitorio causato da un episodio piuttosto breve di interruzione di apporto di sangue, e quindi di ossigeno, al cervello.
Il TIA è strettamente correlato all’ictus ischemico per sintomi e segnali, ma non per conseguenze, in quanto si tratta di un disturbo temporaneo e reversibile che non lascia danni permanenti al cervello.
Tuttavia, come vedremo in seguito, l’attacco ischemico transitorio non è mai da sottovalutare perché spesso preannuncia qualcosa di più grave che potrebbe accadere, cioè un vero e proprio ictus, con conseguenze pericolose.
Che cos’è l’attacco ischemico transitorio
L’ischemia cerebrale transitoria, o anche attacco ischemico transitorio, viene definito mini-ictus perché le cause e i sintomi sono pressoché uguali.
La differenza sta nel fatto che il problema cardiovascolare che provoca il blocco del flusso sanguigno al cervello dura da pochi minuti a poche ore, quindi è temporaneo.
Nell’arco di tempo in cui il TIA è in corso, la persona colpita subisce problemi di natura motoria, linguistica e sensoriale che si protraggono fino al ripristino delle normali funzionalità dei vasi sanguigni, senza provocare danni.
Va però precisato che l’attacco ischemico transitorio è spesso un avvertimento che precede un ictus vero e proprio. Infatti, di norma 1 caso su 3 di ictus ischemico avviene dopo meno di un anno da un episodio di TIA, in molti casi anche dopo soli pochi giorni.
Sottoporsi agli accertamenti necessari in seguito a un TIA è fondamentale per individuare la causa che lo ha scatenato e mettere in atto gli opportuni provvedimenti per impedire episodi analoghi o un possibile futuro ictus.
Quali sono le cause del TIA
Le cause che danno luogo a un attacco ischemico transitorio in genere possono essere di due tipi:
- un coagulo di sangue in un’arteria (embolo) che fornisce sangue al cervello o altrove, muovendosi fino ad arrivare a bloccare le arterie che irrorano il cervello;
- un restringimento dei vasi sanguigni (trombo) provocato dall’accumulo di grassi sulle pareti delle arterie che riducono o rallentano il flusso di sangue al cervello.
Perché si formano trombi ed emboli
Il trombo è una massa solida (un grumo per intenderci) formata da cellule adipose e di colesterolo che si genera sulle pareti di un vaso sanguigno, indurendole.
Il trombo può allargarsi fino a causare l’ostruzione di qualche vaso importante (in questo caso parliamo di quelli che arrivano al cervello), oppure frammentarsi e creare emboli.
L’embolo, infatti, è una formazione anomala di origine lipidica, trombotica o gassosa che, circolando nel sangue, può ostruire parzialmente o completamente un vaso sanguigno.
Quando un embolo occlude completamente una vena o un’arteria, impedisce l’afflusso di sangue agli organi e può risultare letale. Nel caso del TIA, l’occlusione è parziale e momentanea, per questo il blocco è generato solo per poco tempo (fonte: ISS Salute).
Al di là dei problemi legati all’età avanzata e a situazioni ereditarie, trombi ed emboli sono spesso causati da patologie quali: diabete, obesità, malattie cardiovascolari, colesterolo alto o possono essere conseguenza di abitudini scorrette come consumo eccessivo di alcol, fumo e inattività fisica.

Trombo ed embolo
Fattori di rischio TIA
Conoscere i fattori di rischio dell’attacco ischemico transitorio è fondamentale sia per prevenirne l’arrivo che per poter intervenire subito dopo con le cure adeguate.
Le condizioni che mettono a rischio di TIA possono dividersi in trattabili e non trattabili. Al primo gruppo appartengono quelle caratteristiche che non dipendono strettamente dai comportamenti e dalle patologie dell’individuo, ma piuttosto all’età avanzata, all’etnia e all’ereditarietà.
I fattori di rischio potenzialmente prevenibili, invece, sono:
- il diabete;
- l’ipertensione;
- le cardiopatie;
- il fumo, anche passivo;
- l’inattività fisica;
- l’obesità e il sovrappeso;
- il colesterolo alto;
- l’uso prolungato della pillola anticoncezionale o terapie estrogeniche;
- l’eccesso di alcol;
- l’uso di droghe (soprattutto cocaina e metanfetamine).
Ne deduciamo che condurre uno stile di vita sano allontana il rischio di incorrere in patologie e può salvare dal rischio di avere un TIA o, peggio ancora, un ictus vero e proprio.
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TIA sintomi premonitori
Talvolta l’attacco ischemico transitorio non sempre viene considerato per la sua reale gravità. Può addirittura passare inosservato o, una volta superato, essere preso con leggerezza.
Tuttavia, come abbiamo già detto, spesso il TIA è solo un preavviso di quello che sarà un futuro vero e proprio ictus e questo dovrebbe farci comprendere l’importanza dell’indagine sulle cause che lo hanno scatenato per poter evitare le conseguenze.
I sintomi dell'ischemia transitoria durano pochi minuti, generalmente non più di un'ora (oltre le 24 ore si parla di ictus).
I segni più comuni sono infatti molto simili a quelli dell’ictus ischemico e potremmo così sintetizzarli:
- paresi e intorpidimento della faccia e degli arti, correlati da formicolio e debolezza, in genere in una sola parte del corpo (destra o sinistra);
- difficoltà di linguaggio e di comprensione;
- difficoltà di deambulazione e di equilibrio;
- abbassamento delle capacità visive.

Sintomi Tia
Come valutare un sospetto di TIA
La diagnosi di un TIA in corso è piuttosto difficile. Data la sua brevità, il più delle volte non c’è la possibilità di farsi visitare da un medico nel momento stesso in cui avviene.
Ecco perché è importante conoscerne i sintomi e riconoscerli, sia nel caso in cui ne siamo vittime che in quello in cui capiti a un nostro caro.
Se, partendo da una situazione di “normalità” notiamo in qualcuno vicino a noi una improvvisa difficoltà nel completare frasi di senso compiuto o nel capire ciò che gli viene detto, questo può essere considerato il primo campanello d’allarme.
Un cambiamento nell’espressione facciale ne è un altro: in particolare, potremmo notare un lato della bocca della persona tendere all’ingiù.
Contemporaneamente, può accadere l’intorpidimento o la momentanea paralisi di un braccio o di tutta un’area del corpo.
Chiedere alla persona di compiere semplici movimenti, come ad esempio alzare il braccio o muovere una gamba può farci capire se c’è da preoccuparsi.
Un ulteriore avvertimento ci è dato dalla comparsa improvvisa di vertigini e difficoltà a camminare correttamente: un prova per capire se si tratta di una vera difficoltà causata da un attacco ischemico transitorio è provare a stare in equilibrio su una gamba sola.
Attacco ischemico transitorio: cosa fare
In seguito a un TIA, o anche solo al sospetto di TIA, la cosa più immediata da fare è consultare un medico per analizzare la situazione e prendere immediatamente le giuste contromisure.
Il medico procederà con una serie di esami del sangue per diagnosticare la causa alla base dell’attacco ischemico transitorio avvenuto. Gli esami riguarderanno quindi la valutazione dei valori di colesterolo, pressione sanguigna, glicemia, coagulazione del sangue.
È opportuno in questi casi sottoporsi anche a esami strumentali quali: TAC, risonanza magnetica, ecografia carotidea, ecocardiografia, angiografia cerebrale (per approfondire: MSD Versione per pazienti).
Conseguenze e terapia
Passato l’attacco ischemico transitorio, la persona colpita normalmente torna alla vita di prima, come se nulla fosse accaduto. Questo significa che questo mini-ictus non lascia strascichi nel breve termine.
Ma abbiamo già posto l’accento sulla forte probabilità che il TIA sia solo un segno premonitore di un ictus vero e proprio.
Ecco perché non bisogna mai sottovalutare i segnali e considerare molto seriamente le conseguenze che da un attacco ischemico transitorio potrebbero scaturire e che, dobbiamo esserne consapevoli, potrebbero costare la vita.
La terapia farmacologica in seguito a TIA include prima di tutto l’utilizzo di anticoagulanti, allo scopo di fluidificare il sangue e impedire il processo di coagulazione.
A questi possono essere associati degli antiaggreganti piastrinici, come l’aspirina, che hanno lo scopo di ridurre la capacità delle piastrine di legarsi tra loro e formare grumi.
Laddove si è di fronte a un trombo o una placca aterosclerotica di dimensioni importanti da mettere il paziente a forte rischio di ictus, si può procedere per via chirurgica attraverso una endoarteriectomia carotidea o un’angioplastica, entrambi con lo scopo di liberare il vaso occluso e permettere un passaggio libero al sangue.
In seguito, se l’attacco ischemico è stato causato da una patologia mal curata o mai diagnosticata prima, come ad esempio il diabete o l’ipertensione, la persona colpita dovrà impegnarsi a seguire la terapia appropriata e tenere un controllo costante dei propri valori, per monitorare e quindi prevenire un possibile ritorno dell’ictus in forma ben più grave.
Un impegno importante, che può salvare la vita. Ognuno di noi ha un ruolo di responsabilità sull’andamento della propria salute.
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